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Sul fronte economico, l'economia statunitense continua a dimostrarsi solida. Nonostante il rapporto sull'occupazione sia stato più debole del previsto, soprattutto a causa dei fenomeni atmosferici, i dati soft stanno progredendo e la crescita si sta confermando. In Europa, le prospettive politiche continuano a deteriorarsi, sia in Francia e Germania, sia nei Paesi dell'Europa orientale dove le recenti elezioni sono state una sorpresa in un contesto di tensioni crescenti (Georgia e Romania). Il sogno europeo sembra ancora lontano, mentre la crescita stenta a decollare. Le elezioni anticipate annunciate in Germania potrebbero portare all'innalzamento del tetto del debito del Paese e, in ultima analisi, a un piano di rilancio, ma questo è ancora molto incerto e richiederà tempo (almeno il secondo semestre del 2025 o 2026).
Questa divergenza si riflette anche negli ultimi dati sull'inflazione. Negli Stati Uniti l'inflazione si sta stabilizzando al di sopra del 2,5%, mentre dall'altra parte dell'Atlantico è ancora vicina al 2%, favorita dal calo dei prezzi delle materie prime e nonostante il persistere di un'inflazione elevata nei servizi.
In questo contesto, per la Fed, che ha proseguito il suo ciclo di ribasso a novembre, il dibattito è incentrato sulla continuazione o sulla pausa del ciclo di ribasso, mentre in Europa le colombe e i falchi discutono sull'entità del prossimo taglio (25bps o 50bps). Nonostante queste divergenze, sembra ormai certo che i tassi di riferimento non torneranno ai livelli pre-pandemici. Il mercato vede un tasso finale della Fed tra il 3,5% e il 4% e un tasso della BCE intorno all'1,75%.
Gli sviluppi della politica fiscale e della crescita nei prossimi mesi saranno fondamentali per capire dove si trovi realmente questo tasso di equilibrio. Negli Stati Uniti, la contrazione fiscale non si prospetta bene in un secondo mandato di Trump in cui potrebbero proliferare i crediti d'imposta, e in Europa, anche se questo tema è al centro del dibattito, l'esempio francese mostra chiaramente la difficoltà di raggiungere un accordo che permetta di ridurre i deficit. Alcuni paesi emergenti, pur essendo entrati in un ciclo di riduzione dei tassi di riferimento, si trovano costretti a fare una pausa o a rialzarli (Brasile!) in risposta a politiche fiscali poco rigorose. In questo contesto, i rendimenti governativi hanno oscillato a novembre prima di attenuarsi alla fine del mese. Abbiamo ridotto la duration del portafoglio a poco meno dell'1 e preferiamo assumere posizioni lunghe nei mercati che ci sembrano più interessanti in termini di valutazione. Abbiamo quindi aperto una posizione long duration in Nuova Zelanda. Lato Forex, abbiamo chiuso la nostra posizione lunga sulla corona norvegese dopo il suo forte apprezzamento e abbiamo aperto una posizione corta sullo yuan cinese, che riteniamo sopravvalutato a causa dei rischi di una guerra commerciale con gli Stati Uniti. Infine, manteniamo la nostra esposizione alla duration attraverso le obbligazioni indicizzate all'inflazione, soprattutto negli Stati Uniti, e il debito dei mercati emergenti in valuta forte. In termini di volatilità ex-ante, il fondo rimane al di sotto del 2%.